Storia gratuita: La Camera

Tradotto da Matteo Togni

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“Jenni Plochka?”. La donna stana lesse la carta con voce rauca dal vino e dal tabacco. Indossava un accappatoio rosa.

“Posto vacante”. La scritta blu risaltava attraverso il fumo di sigaretta. Aggrottó le sopracciglia dubbiosa. “Non si beccano tante BMW qua”, borbottó.

“Voglio solo buttarmi a letto. Ne hai uno libero?”.

“Sì. Ma stiamo ripitturando, quindi la única camera libera è la vecchia in fondo”.

Jenni si sentíva a pezzi, frustrata, ferita e confusa. “Perché mi sento così male? Nemmeno mi piaceva!” – pensava mentre entrava nella sua camera stantia, illuminata solo da una lampadina penzolante. Al sentir l’odore fece una smorfia di disgusto.

Brontolando “merda” ripetutamente, prese un bicchiere da sopra il lavandino, estrasse un quarto di Johnny Walker Black dalla sua borsetta Prada rossa e riempì il bicchiere a metà.

Nell’angolo c’era un tavolo rotondo e una sedia; al muro uno specchio. Jenni sorrise dolcemente a sè stessa, era snella e si portava bene. Sorrise e si pettinò le bionde voluminose fronde. In seguito mise una mano al seno, aggrottò le sopracciglia e esclamò: “manca un po’ di carne qua!” e tracannò il whiskey.

“Ugh!” smorfiò, “Manca ghiaccio!”

Jenni smiled too sweetly at herself.

Jenni prese la ciotola del ghiaccio e si diresse verso l’ufficio. Quando si avvicinò alla porta, il chiavistello si girò da solo. Lo aprì, però il pomello era bloccato. Si sforzò per aprirlo, scosse la porta. Niente da fare, era intrappolata. “Oh merda”, repetí nervosa. “Che si fotta! Chi ha bisogno del ghiaccio!”.

Prese il suo bicchiere e la bottiglia e, per un momento, si fermò a guardare malinconicamente fuori dalla finestra. Passato un momento sospirò e mise il suo quarto drink sul tavolo.

Qualcosa gemette. Pietrificata, Jenni si voltò e vide una mano raggrinzita allungarsi da sotto il letto. La lampadina si fulminò. La uce del lampione in strada lampeggiava attraverso la finestra. Corse alla porta annaspando frenéticamente, ma il pomello continuava ad essere bloccato! Il chiavistello si infilò nuovamente per conto suo. Jenni si voltò di scatto, le spalle contro la porta.

Da sotto il letto uscì una figura oscura, con braccia fragili e secche e una pancia gonfia. Si insinuò fino a Jenni, che cadde a terra strascicando contro la porta, la sua bocca aperta, emettendo urla represse. Il fantasma sorrise con denti lunghi e simili ad aghi. Gracchiò fragorosamente con voce roca.

“Sei senza speranza, brutta e squallida. Sarai grassa e            insignificante e tutti ti odieranno!”

Jenni piagnucolava terrificata.

Il demone perse il sorriso e si girò.

“Cazzo!” gridò stizzito. La figura si lasciò cadere sulla sedia. “Sono patético!”. Lanciò uno sguardo al tavolo e tracannò il drink di Jenni.

Non più impaurita, Jenni esclamò “Hei, quello è mio!”. Il demone abbracciò la bottiglia, mentre Jenni prendeva un altro bicchiere. “Sono patetio!”, piagnucolò il fantasma.

“Mi hai terrificato!” replicò Jenni.

“TU! Tu sei ancora più patetica! Sempre frignando ´Oh quanto sono brutta e sola, povera povera me!..´CAZZO! Quindi tua mamma è una stronza narcisita? Fattene una ragione! Almeno lei ti ama…a suo modo, almeno”.

“Dovresti vedere dei veri demoni! Prendi per esempio quella messicana che fa la lavapiatti alla tua comunità di donne. Si salvò da alcuni gangster pericolosi, ma suo fratello non ce l’ha fatta. Dovresti vedere i suoi demoni! Mio Dio, quelli sì che se la godono!”

“E io chi mi becco? TU!”

Jenni scosse la testa imbarazzata. “Cristo scusami. Immagino di essere un po’ viziata.”

La figura la fissò desolata. “Sono così patetico che gli altri demoni ridono di me!”

Jenni fece una espressione accigliata. In seguito, afferrò la bottiglia dall’altra parte del tavolo e servì altri due bicchieri di whiskey.

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